LA VERIFICA DEL TRIBUNALE IN RELAZIONE ALLA FATTIBILITA’ GIURIDICA DEL PIANO NELLA L. 3/2012

La legge n. 3 del 2012 sulla composizione della crisi da sovraindebitamento ha iniziato ad interessare, vista l’importanza e la portata del suo disporre “socialmente”, molti Tribunali sul territorio nazionale i quali, nell’ambito di specifici casi, hanno fatto intendere l’orientamento degli stessi e quello che i rispettivi giudici analizzano scendendo nei particolari. In questo senso particolare rilevanza assume il provvedimento del Tribunale di Ravenna del 10 marzo 2017 (est. Dott. Alessandro Farolfi già riportata su Il Caso 16898) in cui si esplicita che il tribunale deve verificare sia le condizioni di ammissibilità di cui all’art. 7 l. 3/2012 sia la fattibilità giuridica della proposta del piano del consumatore in termini analoghi a quanto da tempo previsto per il concordato preventivo, anche perché sarebbe del tutto superfluo disporre oneri di pubblicità, costi prededuttivi e l’ammissione al voto di una proposta che risultasse radicalmente priva delle sue condizioni di ammissibilità e quindi, comunque non omologabile; ragioni di economicità, speditezza ed efficienza processuale impongono, infatti, in tali ipotesi, una valutazione prognostica negativa anticipata alla fase di ammissione, non potendo ammettersi al voto una proposta che appaia carente di quelle condizioni minime che siano indispensabili, in caso di gradimento dei creditori, per una possibile successiva omologabilità del piano.
L’assenza di una ragionevole ed attendibile attestazione di cui all’art. 7 co. 1 L. 3/2012 in ordine alla falcidia cui sono sottoposti i debiti privilegiati, nonché più in generale l’attestazione di fattibilità di un piano che si estende per ben 12 anni, appare priva dei presupposti minimali per poter disporre l’apertura della procedura. Condivisibile appare sul punto quanto affermato dal Trib. Rovigo, 13 dicembre 2016, che ravvisa come sia ipotizzabile una durata massima di 5 anni nell’ipotesi del piano del consumatore. Oltre a tale limite temporale, infatti, le assunzioni che il professionista deve porre a base della propria attestazione si rivelano del tutto incerte, inattendibili e non ragionevolmente prevedibili.
Tale pronuncia inoltre, scendendo nei particolari analizza il piano giudicandolo privo (se non in un caso) di ogni attestazione, della mancanza di liquidazione degli immobili di proprietà e una falcidia dei creditori ipotecari e di un credito fiscale.
Nella pronuncia il Tribunale di Ravenna richiama, inoltre, pari pronuncia del Tribunale di Asti del 18 novembre 2014 il quale “non ammette la proposta di un piano di composizione della crisi da sovraindebitamento che non preveda il pagamento dei creditori privilegiati (art. 7 comma 1 L. 3/12)” .
Ancora il Giudice ravennate si esprime chiaramente sulla durata del piano che deve essere, se presentata in modo corretto, proporzionata e ragionevole (nel caso analizzato il tempo richiesto era 12 anni assolutamente improponibile), richiamando pari pronuncia del Tribunale di Rovigo del 13 dicembre 2016 che ravvisa come ipotizzabile una durata massima di 5 anni nell’ipotesi del piano del consumatore.